L'invio

 

Con lui ero terribilmente incazzata, mi aveva tradito, mi aveva usata e poi sputata con si fa con il nocciolo di una ciliegia. Ricordavo i momenti bellissimi, nei quali si progettava, si sognava, ci si sosteneva a vicenda. Mi chiedeva ti tanto in tanto una mano per il suo lavoro, io gliela davo con slancio e affetto...

 

Con lui ero terribilmente incazzata, mi aveva tradito, mi aveva usata e poi sputata con si fa con il nocciolo di una ciliegia. Ricordavo i momenti bellissimi, nei quali si progettava, si sognava, ci si sosteneva a vicenda. Mi chiedeva ti tanto in tanto una mano per il suo lavoro, io gliela davo con slancio e affetto...

...facendo godere ovviamente anche un po' il mio ego, lui mi ringraziava e mi diceva che ero bravissima.

Poi ad un tratto più niente, sparito del tutto. Poi si rifà vivo solo per dirmi che quel progetto non gli interessava più. Ci tenevo a quel progetto, ci avevo sudato nel costruirlo, e non solo letteralmente. Avevo però sempre avuto la sensazione che la sua collaborazione era molto fragile, gliel'avevo chiesto più volte: “Se non te la senti dimmelo prima, che lasciamo perdere”, ma lui niente, “Andiamo avanti, questo progetto è fatto benissimo e tu sei stata bravissima”.

Ci rimasi malissimo, tutto quel tempo e tutta quella fatica erano valsi solo a fare un grande esercizio, lui oramai era lanciato verso cose più interessanti, molte delle quali anche discusse insieme, io non ero più parte del suo orizzonte.

Un giorno decisi che sarebbe stato giusto dirgli in faccia quel che pensavo di lui. Quel giorno mentre rientravo a casa squilla il telefono, era lui che mi chiamava: “Ciao, da tanto non ci si sente, volevo sapere come stai”. Iniziai con un tono di circostanza ma poi ad un certo punto mi vidi in quell'atteggiamento falso e gli dissi: “Guarda che in realtà ero io che ti volevo chiamare e tu mi hai preceduto paradossalmente di pochi minuti, e l'avrei fatto per dirti una cosa: che sei uno stronzo, che non si sparisce così, che quando mi hai detto che lasciavi il progetto io ci sono rimasta male e non ti sei neanche curato di ascoltarmi mentre io ho dovuto ascoltare te nei tuoi deliri più volte. Che per me la cosa è finita. Per me una relazione è come una pianta, se non la innaffi, si secca e poi muore.” Lui mi ascoltò, si mise a tirare giustificazioni, balbettava, mi disse che sapeva che gli avrei detto quelle parole, che se l'aspettava che sperava nella mia intelligenza e nel fatto che avrei capito. Che capiva la mia incazzatura e che sarebbe tornato a casa con i suoi stracci a riflettere su quello che gli avevo detto, che anche a lui serviva per capire come fare a migliorare quel suo lato del comportamento che già gli aveva creato problemi in passato.

In quel momento ero incazzata ma capivo il valore di quell'emozione, mi stavo sperimentando e mi stavo vedendo: io volevo quella relazione, era importante per me, ci avevo investito molto e volevo quella moneta di scambio ora che potevo pretenderla.

Passarono i giorni, non partecipai più alle sue iniziative e progetti, nonostante mi fossi parlata con lui, non avevo più voglia di vederlo, di sentirlo, non ne ero ancora pronta, c'era ancora qualcosa che dovevo sciogliere. Capii nei giorni successivi che avevo proiettato in quella relazione più di quello che in se stessa valeva, avevo dato ad essa più valore di quel che valesse in sé. Era un po' la mia attitudine, quella mia posizione sempre proiettata in avanti verso l'altro che se da una parte mi faceva essere accettata, e se vuoi anche apprezzata, dall'altra mi esponeva a delle solenni cantonate.

Ma perché avevo bisogno di “doparmi” di quella relazione per sentirmi considerata, per sentirmi importante professionalmente? Perché non riuscivo a bastarmi da sola, a riconoscere da sola il valore di me stessa?

Ieri sapevo che avrebbe pubblicato il suo primo libro, avrei voluto mandargli un messaggio di auguri e di congratulazioni ma non mi riusciva. Verso sera gli scrivo quell'SMS di auguri e congratulazioni e riesco anche a scrivere il suo nome nel destinatario.

Passa il tempo e non mi risponde. Forse non lo legge, forse non ha tempo. Forse l'ha letto e non gliene frega niente di rispondermi. Ma come mai non risponde? Ma chi se ne frega, mi dissi, infondo io gli ho solo fatto i complimenti per il suo libro, perché mi aspetto una risposta? Poi mi dissi: ecco sei la solita, hai fatto qualcosa che forse in fondo non volevi ancora fare, che non eri ancora pronta a fare, se ti avesse chiamato subito come ti avrebbe trovata? Ben ti sta.

Mi sedetti e mi vidi, sempre appesa ad un futuro, ad una attesa mentre non riuscivo a godere di me stessa.

Capii in quel momento che della sua risposta non mi importava più, che ciò che contava era che gliel'avevo mandato quel messaggio, e basta. Mi sentii finalmente libera mentre vidi quella “me” sempre sbilanciata in avanti e che ora stava imparando ad assumere una posizione più eretta. Che se quel progetto fosse partito mi sarei trovata da sola a gestirlo visto che per lui si erano aperte altre strade più interessanti (e remunerative) e che andandosene prima mi aveva fatto un regalo infondo e capii che se anche questi erano solo pensieri consolatori, erano buoni pensieri. Capii che nella mia goffaggine o nel mio essere piccola mi bastavo e mi piacevo. Che potevo sempre contare su me stessa in ogni momento e che ero in buona compagnia: c'ero io con me. Mi feci un sorriso, mi sentii finalmente libera, senza più alcuna aspettativa e senza più alcun bisogno.

Passò un po' di tempo, riguardai il telefono e vidi che non avevo premuto il tasto “Invio”.

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Commenti: 3
  • #1

    Paola (mercoledì, 24 aprile 2013 16:56)

    Bell'articolo

  • #2

    Grazia (mercoledì, 01 maggio 2013 15:29)

    La protagonista assomiglia molto ad una persona molto cara che conosco ... forse è proprio lei ...
    Nel corso della mia vita ho capito che bisogna fare tesoro di ogni esperienza, anche quelle "peggiori", perché portano con se grandi insegnamenti che ci fanno crescere e diventare uomini e donne migliori. Il segreto è riuscire a leggere ed interpretare i segnali intorno a noi. Un incontro, una parola, un profumo ... sono messaggi per noi che ci indicano il cammino da seguire. Sono contenta che la persona del racconto abbia capito come seguire i segni per scoprire ogni giorno se stessa attraverso gli altri e gli eventi della vita. Con affetto, la tua amica (P.S. i contenuti del sito mi piacciono, è un buon inizio, brava!)

  • #3

    Viviana (lunedì, 06 maggio 2013 13:57)

    Grazie del commento. Sono storie o piccoli specchi rotti. I protagonisti sono veri o finti non importa, quel che conta che ogni storia porti un'emozione, una riflessione, come hai fatto tu molto bene. Grazie dell'incoraggiamento Grazie, ci tengo molto ai tuoi commenti.