Camilla e l'Orchidea

Camilla aveva un’orchidea. Quando le fu donata aveva due lunghi rametti pieni di fiori rosa scuro ed una buffa foglia girata su se stessa che non ne voleva saperne di stare ordinata come le altre. Come le piacevano quei suoi fiori, li guardava incuriosita, le sembrava che sorridendo ad occhi chiusi le facessero la lingua, e Camilla ci scherzava imitandoli e facendo lo stesso verso a loro. Le avevano spiegato che bisognava spruzzarla d’acqua pura ogni giorno e così lei faceva: ogni giorno si alzava faceva la lingua e rideva con i suoi fiori poi le faceva quella buffa doccetta e si chiedeva “Chissà com'è contenta di questa acqua fresca!” Poi ogni settimana le dava da bere come le avevano spiegato di fare.

 

Passavano i giorni e Camilla amava osservare la serena immobilità della sua orchidea, quella indolente pigrizia nel fare foglie nuove a piccoli progressi lenti lenti, che si facevano beffa della sua allegria e voglia di cose sempre nuove, l’orchidea invece era lenta, andava piano e non si lasciava prendere dalla frenesia di Camilla. Con il tempo anche i fiori dallo sguardo birichino se ne andarono uno dopo l’altro lasciando i due rametti nudi. 

Fu un momento di grande tristezza quando una mattina Camilla trovò a terra il suo ultimo fiore. Da quel giorno iniziò ad aspettare. Le avevano spiegato che in quei rametti c’erano dei nodini e da quei nodini un giorno sarebbero usciti altri rametti che le avrebbero dato altri fiori birichini.

 

Ogni giorno Camilla si alzava, la andava a salutare, le spruzzava le foglie e controllava se da quei nodini si muovesse qualcosa…ma niente. Solo il crescere lento ed indolente di una foglia alla volta. Quando andava via da casa per più giorni la portava con sé, aveva creato un trasportino apposta per lei e così non si separavano mai.

Dopo tanto tempo un giorno scrutando come sempre i nodini vide che uno di loro si era un po’ come rigonfiato: era ora! Stava per succedere qualcosa!

Un po’ alla volta quel rigonfiamento aumentava, Camilla si aspettava un rametto, ma invece cosa sbuca? Un fogliolina! Ebbene sì da lì stava iniziando a formarsi una piccola e cicciotta fogliolina.

I giorni passavano e sempre più quello che sembrava un nuovo rametto di fiori invece si trasformava in una piantina, una piantina volante in cima al rametto dove prima c'erano i fiori.

Passa dell’altro tempo e da quella piantina appesa, che ormai aveva 3 foglioline carnose, sbuca un nuovo piccolo rametto. Camilla è sempre più curiosa! Come avrebbe voluto che la sua orchidea si sbrigasse a mostrare la sorpresa che aveva in serbo per lei! ed invece no, i tempi della sua orchidea non erano certo i suoi e Camilla, benché lo avesse capito, faceva sempre un po’ fatica ad accettarlo.

 

Passavano i giorni e da quel rametto piccolo della piantina volante si formano due gemme.
“Sono fiori!” pensò emozionata Camilla. Finalmente dopo più di due anni la sua orchidea avrebbe di nuovo avuto dei fiori, o meglio: visetti simpatici e birichini che le avrebbero di nuovo strizzato gli occhi facendole la lingua!

Ed una mattina, in effetti fu così: si alzò ed il primo dei due boccioli era lì ad aspettarla, sbocciato e sorridente. Era solo uno, sì, ma per Camilla era il più bel fiore che avesse mai visto.

Camilla era felicissima, poteva di nuovo ridere e scherzare con lei e farle la lingua e strizzarle gli occhi per prenderla un po’ in giro.

Dopo un po’ di tempo però quel fiore cadde e lasciò senza sorrisi anche la piantina volante.

Un giorno dall'altro rametto rimasto nudo per anni una gemma si rigonfiò e da quella gemma sbucò una nuova fogliolina, così Camilla capì che anche da lì sarebbe nata un'altra piantina.

La vita proseguiva sempre uguale, Camilla si alzava e spruzzava le foglie alla sua orchidea e alle sue la piantine volanti e dalla piantina più grande erano sbucate lentamente delle radici volanti.

La piantina volante era sempre più grande e Camilla capiva che bisognava fare qualcosa, che quelle due piantine volanti forse non potevano restare lì per sempre, ma non sapeva come fare.

 

Camilla aveva un’amica che lavorava in un vivaio. Camilla amava andare in quel vivaio, lì c’erano fiori di ogni specie, e lei vagava per le serre ad ammirare i più strani. Li avrebbe voluti tutti!

Quando andava dalla sua amica al vivaio Camilla era solita andare nella serra più lontana, quella dove abbandonavano i fiori che oramai non avrebbero più venduto perché sfioriti o un po’ malati, sceglieva i più malconci per portarseli a casa e curarli e dare loro nuova vita. Per Camilla contava la potenzialità della bellezza, e sapeva che quei fiori scartati da tutti perché brutti, avevano dentro ancora tanta bellezza da esprimere. La casa di Camilla era sempre fiorita perché quei fiori scartati poi esplodevano in mille colori.

Nel il giorno del suo compleanno Camilla desidera di fare qualcosa di speciale e significativo per sè e così decide di andare dalla sua amica Susanna al vivaio per “far partorire la sua orchidea”. Era proprio giunto il momento!

Camilla era emozionata, sapeva che sarebbe tornata a casa non con un vasetto ma con due. Pensò che Susanna, la sua amica fioraia, la avrebbe aiutata e con delicatezza avrebbe eseguito il delicato compito di separare le figliole della sua orchidea ormai mamma con tutto l’amore possibile.

Susanna, però, quel giorno era strana. Quando Camilla arrivò con il suo trasportino e dentro la sua orchidea e le figliole appese ai rametti, le disse di andare in un punto dove c’era un rudimentale tavolaccio e di aspettarla lì. Camilla esegui il comando spiccio ed un po’ rude e si mise ad aspettare Susanna.

“Ecco Susanna, guarda, che ne pensi? Cosa si può fare? Mi piacerebbe cambiare la corteccia ed il vaso alla mia orchidea e poi per loro che si può fare?” – indicando le due figliole. “Allora vediamo come sono messe le radici della pianta – le disse - e poi stacchiamo le due piantine, spesso fanno piantine nei rametti dopo la fioritura, è normale”

“Come normale!” pensò Camilla, per lei era stato quasi un miracolo: anni di attesa e di dolce pazienza! Ed era stato così emozionante seguire i lenti sviluppi delle figliole volanti.

Susanna invece non era affatto così poetica e in modo piuttosto rude tirò su dal vaso l’orchidea di Camilla e le mostrò in modo brusco le radici che erano poche e mal conce “Ma Camilla! Non vedi com’è ridotta? Ha tutte le radici marcie! Le hai dato troppo da bere! Loro vogliono poca acqua, non la amano nelle radici!”

Camilla era distrutta, vedere la sua amata orchidea presa per la collottola a gambe nude e vederle così malconce, e poi i rimproveri di Susanna!

Susanna prese una forbice e tagliò le radici marcie con decisione senza tanta poesia, ma dava l’impressione di sapere con esattezza ciò che faceva.

“Non ti cambio il vaso, tanto con così poche radici va benissimo il suo vecchio, ti cambio solo la corteccia, e speriamo che ce la faccia e che produca nuove radici! Però mi raccomando poca acqua, una tazzina ogni tanto non di più”

“Va bene” rispose Camilla, mogia mogia.

Poi ad un tratto senza che se lo aspettasse strappò le due figliole volanti ed una la buttò via!

Camilla trasalì: “Ma perché la butti?”

“Perché è troppo piccola quella, non te ne fai niente!” - disse Susanna.

“Ma come! È pur sempre una piantina!”

Susanna guardò Camilla con uno sguardo interrogativo e si allontanò.

Camilla rimase sola con  la sua orchidea e con una sola figliola che adesso giaceva sul tavolaccio. Si mise a cercare l’altra piantina per terra senza riuscire a trovarla, perché Susanna strappandola l’aveva buttata, ma nel punto in cui l’aveva gettata Camilla non riusciva a trovarla.

Susanna ritornò con una piantina in mano, una piantina simile alla sua figliola, solo più malconcia: “Ti do questa Camilla, la metto insieme all’altra. Di che colore è la tua?”

“Rosa scuro” rispose Camilla.

“Ecco questa è bianca, così sono diverse e si fanno compagnia”

Susanna prese un vaso lo riempì di cortecce e ci infilò la sua figliola e “la zingarella”, così Camilla chiamò quella piccola orchidea mezza schiacciata, pure con una foglia mozza e che avrebbe dovuto far compagnia alla sua piccola.

Susanna ad un tratto fu come se capisse l’amore che legava Camilla alla sua orchidea.

“Mi raccomando non le bagnare tanto perché altrimenti le fai morire!”

“Certo, certo” disse Camilla che non sapeva se essere grata a Susanna o se urlarle tutto il suo dolore per come aveva trattato la sua amata orchidea e le sue figliole, di una di loro poi non si sapeva più nulla.

Guardò le sue orchidee, ora erano due vasetti!

“Susanna quanto ti devo del lavoro che hai fatto?”

“Ma niente, figurati, speriamo solo che sopravvivano!”

Camilla molto confusa salutò e ringraziò Susanna.

Tra i tanti pensieri che affollavano la mente ed il cuore di Camilla ce n’erano alcuni di rabbia, altri di dolore ma tra questi uno si fece strada di più: “Infondo Susanna il suo lavoro l’ha fatto, anzi mi ha dato anche una piantina per far compagnia alla mia figliola!”.

 

Arrivò a casa e mise la sua orchidea, la figliola e la zingarella nel solito posto e si mise a guardarle. Era ancora confusa ed un po’ scossa per quello che era successo. Ad un tratto un pensiero le passò per la mente, non sapeva se a parlare era il suo cuore o proprio lei la sua orchidea.

 

“Vedi Camilla, non è sempre detto che amare troppo sia un bene, anzi! Come non è detto che i modi asciutti o bruschi delle persone siamo senza amore!”.

 

Camilla così capì il senso della  sua orchidea, e forse anche perché erano nate quelle due figliole! Da quell'esperienza Camilla cambiò idea sulle persone che a volte sembrano un po scorbutiche e grazie a Susanna aveva capito una cosa importante: che l’amore ha molte forme ma tutte sono “Amore”!

 

V.

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